Surprise Machines

Surprise Machines è un progetto di museologia sperimentale che si propone di visualizzare l’intera collezione di immagini dei Musei d’Arte di Harvard, con l’obiettivo di aprire visioni inaspettate su oltre 200.000 oggetti solitamente inaccessibili ai visitatori. Il progetto fa parte della mostra organizzata da metaLAB (at) Harvard dal titolo Curatorial A(i)gents ed esplora i limiti dell’intelligenza artificiale per visualizzare un grande insieme di immagini e creare sorpresa nei visitatori. Per ottenere questa sensazione di sorpresa, è stata progettata un’interfaccia coreografica che collega il movimento del pubblico con diverse visioni uniche della collezione.

Rodighiero, Dario, Lins Derry, Douglas Duhaime, Jordan Kruguer, Maximilian C. Mueller, Christopher Pietsch, Jeffrey T. Schnapp, Jeff Steward e metaLAB. 2022. “Macchine a sorpresa: Revealing Harvard Art Museums’ Image Collection”. Information Design Journal, novembre. https://doi.org/10.1075/idj.22013.rod.

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complimenti Dario (e tutto il team). Progetti come questo mettono in evidenza l’importanza di IIIF come un insieme di tecnologie abilitanti per il riuso e la rielaborazione di oggetti digitali: non più semplici files da usare esclusivamente sul web ma un insieme di oggetti collegati da un contesto con cui poter costruire interfacce fisiche ed altre esposizioni.

Leggendo il paper c’è un punto che mi suscita una osservazione:

Unfortunately, the first attempt
to compute lexical metrics from text annotations was
proved unsuccessful for two reasons: on the one hand,
the high number of elements undermined the computa-
tion time of the force-directed graph layout (Bostock
et al., 2011); on the other hand, many objects poorly
annotated were unconnected to the network visualiza-
tion.

Nella realizzazione di biblioteche digitali un elemento su cui si investe sempre molto tempo (e con un conseguente costo economico spesso spropositato rispetto ad altre attività come la sola digitalizzazione) è proprio quello della realizzazione di metadati (text annotations).
Tralasciando progetti già esistenti in cui magari il lavoro di creazione dei metadati è stato fatto già oramai anni fa, un progetto di digitalizzazione che dovesse partire da zero in questo momento di cosa dovrebbe tenere conto secondo te nella realizzazione di metadati descrittivi che siano utili per attività come quella della dataviz?

Considerando che per le istituzioni esistono degli obblighi formali sull’uso di metadati e regole catalografiche ben precise (spesso inutilmente complicate, che si dimostrano footgun), ma potrebbe esistere un modello concettuale di riferimento per aiutare a creare dei metadati più utili (e anche semplici)?

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Ciao Raffaele, grazie mille per aver letto l’articolo. In generale, amo molto scrivere nelle mie pubblicazioni anche di cose che non sono andate per il verso giusto e quella dell’annotazione è un soggetto molto sensibile. L’Harvard Art Museums ha infatti messo a disposizione la sua collezione attraverso IIIF, ma presto abbiamo realizzato che i manifest più completi a livello di annotazioni/metadati erano quelli associati a oggetti esposti o studiati.

Penso che la scelta dei metadati sia diversa da collezione a collezione, ma trovo interessante pensare che ogni immagine sia collegata a un lavoro di ricerca che va aldilà dei metadati stessi. Il testo libero, o l’annotazione più specificatamente, è davvero qualcosa che difficilmente può essere misurata in termini qualitativi (immaginate per esempio il numero di testi che vertono sul dipinto dell Gioconda). Quando parliamo di annotazione ci possiamo riferire infatti a ricerche o progetti che potrebbero essere associati alle immagini. Quello che è stato fatto nella HAM, se non vado errato, è stato riportare alcuni passaggi testuali di pubblicazioni preesistenti nei metadata. Operazione senza dubbio costosa che non include la scrittura stessa del testo: il semplice recupero dell’informazione è costoso in se.

Qui incluso l’unica visualizzazione della collezione HAM attraverso una metrica testuale. Gli oggetti che disegnano un alone esterno corrispondono a quelle immagini senza annotazione testuale.

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